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LA DEFINIZIONE DI REALISTA

I martiri
di Piazzale Loreto

Rispondendo ad un’inchiesta proposta dalla rivista Domus nel 1936 Sassu si definisce realista. "Quanto a me ambirei di essere chiamato realista, perché ogni opera consiste nel tradurre una qualsiasi realtà ‘ideale’ o ‘formale’ per giungere a quell’apparenza che è la sintesi dei fatti obbiettivi e realtà vivente dello spirito umano.

La funzione degli artisti del nostro tempo è di rendere agli uomini la coscienza della loro grandezza e della loro dignità. Il processo di trasformazione della società borghese creerà le condizioni per un’arte nuova diversa da quella dei nostri predecessori e dall’attuale, nata sotto il segno della borghesia".

inizio pagina IL REALISMO EUROPEO

Minatori

Sassu si inserisce così nel dibattito europeo allora aperto tra realisti e formalisti. A Parigi ha luogo la querelle du réalisme, con interventi di artisti e letterati sul tema di un’arte che ritorni al soggetto e riscopra l’uomo, mentre a Londra Anthony Blunt prende un’analoga posizione polemizzando con cubisti, astrattisti e surrealisti e in generale con gli sviluppi delle avanguardie storiche.
inizio pagina OPERE REALISTE

Lo sciopero

Tale scelta di Sassu si riflette nelle opere legate alla società contemporanea, a partire da Il grande caffè e, più tardi, da I martiri di piazzale Loreto, e prosegue con particolare intensità nel secondo dopoguerra, quando anche in Italia emerge il confronto tra realismo e formalismo.

Sono da ricondurre a questa fase della pittura di Sassu, in particolare, le opere sul tema del lavoro (Minatori, 1951; le serie de La mattanza e del porto di Savona, dei primi anni ’50; Il coolie di Hong Kong, 1956), quelle di soggetto politico (Lo sciopero, 1956; Il comizio, 1957; La battaglia di Dien Bien Phu, 1957) e la serie di dipinti ispirati agli spiritual dei neri d’America (Little David, 1961).